Si può pensarla in tanti modi su Alexis Tsipras e sulla sua vittoria, da tutti ritenuta probabile, nelle elezioni in Grecia. Si può credere o solo sperare che risolleverà il proprio Paese dal baratro e spingerà l’Europa a cambiare radicalmente risposte alla crisi economica, o si può temere che le sue ricette radicali e anche un po’ visionarie falliscano alla prova dei fatti.Un fatto però è innegabile. Se Tispras vince in Grecia questa sarebbe la prima volta che in un Paese europeo va al governo un’altra sinistra, una sinistra che non è figlia né parente di quella novecentesca, socialista o post-comunista che sia.
Non era mai successo, mai. Potrebbe succedere in Grecia dove i socialisti del Pasok sono ridotti quasi a zero, i comunisti raccolgono un consenso residuale e dove Syriza ha dato corpo e voce a un’idea di cambiamento fondata su parole, su concetti, su valori inediti.
La sinistra di Syiriza parla più di cittadinanza che di lavoro, più di società che di economia. Se ne infischia del mantra ormai ridicolo della crescita, che invece continua ad ossessionare destra e sinistre novecentesche, e mette al centro del suo progetto, anche del suo progetto economico, una lotta durissima alla povertà. A Tsipras, ancora, piace l’Europa – l’ha ripetuto fino alla noia -, e invece detesta le larghe intese europee tra popolari e socialisti. Insomma sfugge alle etichette – l’antieuropeista, il comunista, il demagogo – che i suoi avversari fanno di tutto per affibbiargli.
Ci sono incertezze, ambiguità nella prospettiva disegnata da Tsipras? Certamente sì. Non è chiaro, per esempio quanto contano nel suo orizzonte temi attualissimi e decisivi come la crisi ecologica e la necessità di affermare un diverso paradigma industriale, che nella Grecia di oggi sono comprensibilmente lasciati in ombra dalla tragedia sociale in atto. Ma resta il dato essenziale: Tsipars e Syriza sono “alieni” rispetto alla sinistra novecentesca.
Il caso di Tsipras, del resto, non è un unicum nel panorama europeo. Qualcosa di analogo sembra stia capitando in Spagna con Podemos, il nuovo partito guidato da Pablo Iglesias. Anche Podemos ha i piedi e la testa ben piantati nel campo della sinistra, anche Podemos rompe con molti schemi abituali della sinistra classica, sia riformista che radicale. Molti dei suoi temi richiamano da vicino quelli di Syriza, a cominciare dall’accento messo sul reddito di cittadinanza come nuovo diritto inalienabile e il rifiuto dell’austerità fine a se stessa imposta dal direttorio europeo. In più, Podemos dà grandissima importanza a un problema abitualmente non proprio frequentatissimo dalla sinistra: la lotta alla corruzione, all’illegalità, ai privilegi della “casta”.
In fondo, si può dire che Syriza e Podemos hanno per l’Europa del Sud lo stesso respiro innovativo che hanno avuto e conservano, nell’Europa centrale e settentrionale, i Verdi: anche loro con solide radici nelle idealità di sinistra, anche loro irriducibili a molte categorie della sinistra classica. Resta un solo grande buco in questo panorama: l’Italia. Qui in parecchi sognano di colmarlo, noi fra questi. L’importante è che non si aspetti troppo per mettersi all’opera, e che però si parta davvero su un terreno vergine e fertile, lasciandosi alle spalle sigle, nomi, ragionamenti che odorano terribilmente di “déjà-vu”.
Roberto Della Seta
Francesco Ferrante