Angelino Alfano, ministro dell’interno e vicepresidente del consiglio, supera se stesso: l'”eroe” del caso Shalabayeva – che pochi mesi fa non batté ciglio né tanto meno pensò a dimettersi quando una donna kazaka e sua figlia di 6 anni in fuga dal dittatore Nazarbayev furono consegnate dalla polizia nelle mani del loro persecutore – ora ha scelto il porto turistico di San Leone ad Agrigento, poche decine di metri dal portone di casa sua, per mettere in scena (l’appuntamento è per questo pomeriggio) i finti funerali dei morti di Lampedusa.
Finti perché malgrado la richiesta del Sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, e le promesse “da marinaio” del presidente del Consiglio, di tenere sull’isola delle solenni esequie di Stato, minimo atto dovuto dell’Italia di fronte a una tragedia immensa accaduta a casa nostra, invece quello di Agrigento sarà solo uno spot pubblicitario per il suddetto Alfano: non ci saranno i “corpi del delitto”, seppelliti in tutta fretta nei giorni scorsi con soltanto un numero a distinguerli uno dall’altro; non ci saranno i familiari delle quasi 400 vittime, che per giorni hanno aspettato invano di “riconoscere” (come peraltro prescrive la legge) e di salutare un’ultima volta i loro figli, fratelli, genitori; ci sarà invece, con Alfano e con l’altro ministro Kyenge, una bella sfilza di “autorità” ben felici di esibire facce contrite e qualche lacrima davanti alle telecamere di tg e talk-show.
Una vergogna, un’ulteriore vergogna che si somma a quella già conclamata di un Paese come il nostro, comunque tra i più ricchi e potenti del mondo, incapace di difendere dalla morte e di accogliere con decenza non milioni, ma qualche migliaio di donne e uomini africani che scappano da guerre e persecuzioni. Di un Paese che per anni, per colpa prevalente della destra ma senza che la sinistra si sia battuta davvero per scelte differenti, ha gestito il tema dell’immigrazione e quello specifico e distinto dei richiedenti asilo con politiche irresponsabili, basate su un assunto esclusivamente securitario e dai risvolti, così nel caso dei respingimenti in mare, obiettivamente criminali.
Alla farsa organizzata da Alfano parteciperà tra gli altri come “ospite d’onore” anche l’ambasciatore eritreo in Italia, Zemede Tekle Woldetatios. Presenza istituzionalmente inevitabile? Può darsi, certo presenza imbarazzante, che aggiunge alla messa in scena un che ulteriore di lugubre. Perché il regime eritreo del dittatore Afewerki, che ha meritato al Paese il titolo di “Nord Corea d’Africa”, è uno dei più illiberali e repressivi del mondo; perché sebbene abbia costretto alla fuga un quarto del suo popolo, però ufficialmente nega che vi sia una solo eritreo emigrato (la televisione del regime non ha mai dato notizia che i morti di Lampedusa fossero in maggioranza eritrei); perché infine secondo più di una testimonianza e secondo la denuncia messa nero su bianco in una lettera a Cécile Kyenge da don Mussie Zerai – il prete eritreo da anni impegnato per aiutare i suoi connazionali che cercano rifugio in Europa – lo stesso ambasciatore nei giorni scorsi “si aggirava a Lampedusa tra i richiedenti asilo, raccogliendo dati e fotografie per la schedatura dei fuggitivi”.
Dunque: nel cortile di casa sua Angelino Alfano celebrerà oggi questa farsa indegna, “concelebrante” l’emissario ufficiale di quel regime che ha perseguitato e messo in fuga molti dei morti di Lampedusa. Copertura mediatica larga e generosa, buono spettacolo a tutti.
Roberto Della Seta
Francesco Ferrante