ECOLOGIA

Ma prima di Berlusconi non c’era l’età dell’oro

berlusconi

Articolo su Huffington Post

Le giornate di venerdì e sabato scorsi hanno segnato due delle tappe più significative e anche più “alte” nel lungo cammino presidenziale di Giorgio Napolitano.

Prima la visita al carcere di Poggioreale: con la scelta inusuale di parlare da Capo dello Stato davanti a un pubblico di detenuti, con il coraggio di pronunciare parole di verità sulla vergogna delle condizioni subumane di vita nelle prigioni italiane e parole di saggezza sull’urgenza di atti straordinari come un’amnistia perché tale vergogna sia almeno tamponata.

Viene inevitabilmente in testa un paragone: con il discorso tenuto da papa Wojityla davanti alle Camere riunite – era il 2002 – nel quale il pontefice invocò dai legislatori un atto che riportasse legalità e dignità nell’universo carcerario.

Poi, sabato a Milano, l’intervento emozionato al convegno in ricordo del suo amico Luigi Spaventa.

Nell’occasione Napolitano ha contrapposto la stagione politica odierna, caratterizzata dallo “smarrimento di ogni nozione di confronto civile e di ogni costume di rispetto istituzionale e personale”, agli anni per l’appunto in cui Spaventa fu parlamentare e ministro: anni di divisioni politiche non meno aspre di quelle attuali ma nei quali quest’asprezza era temperata dalla presenza su tutti i fronti di uomini come Spaventa animati da una forte nozione del bene comune.

Lucia Annunziata ha sintetizzato con efficacia su L’Huffington Post il retroterra logico di tale visione: a dominare questo come altri analoghi ammonimenti di Napolitano, così Annunziata, è la preoccupazione “che il presente si muova sull’orlo del caos e che solo una riconnessione con le regole del passato, e la guida di un gruppo di uomini eccelsi, possono salvarci da questo caos”. Read More…

La politica e l’economia ripartono da “Green Italia”

Articolo su Europa

Un movimento politico green, per offrire una risposta diversa, radicalmente diversa dalle risposte che danno tutte le forze politiche, alla crisi sociale, economica, democratica che assedia l’’Italia. È questa l’’ambizione, per noi un azzardo necessario, di “Green Italia” che nascerà il 28 giugno prossimo, in un incontro pubblico presso l’auditorium del museo Maxxi a Roma.

A promuovere “Green Italia” sono, siamo persone con storie diverse e anche lontane: ecologisti che provengono dal Pd, figure di punta delle principali associazioni ambientaliste, la presidente dei Verdi europei Monica Frassoni; esponenti politici con un ‘“pedigree’ squisitamente di destra come Fabio Granata, imprenditori della green economy.

In Italia l’ecologia, l’’ambiente, l’’economia verde sono trattati da quasi tutta la politica come temi minori. Nessuno ne parla male, ma nel dibattito pubblico recitano la stessa parte dei pianisti nei film western: tra pallottole e cazzotti restavano sempre lì sullo sfondo imperterriti a suonare, mai colpiti e però mai protagonisti della scena. Le ragioni di ciò sono più d’’una, la principale è l’assenza dal nostro paesaggio politico e dal conseguente mercato elettorale di un’offerta credibile e solida – i Verdi italiani non lo sono stati mai – che si proponga di rappresentare i valori, i bisogni, gli interessi legati all’ambiente, e che come in ogni competizione costringa anche tutti gli altri a cimentarsi sul suo terreno.

Per capire che nasce da qui l’analfabetismo ambientale di buona parte delle classi dirigenti italiane e dei nostri politici in particolare, basta dare uno sguardo agli altri grandi paesi europei: è grazie alla forza competitiva dei Grünen (10,7% alle politiche del 2009, il 15% nei sondaggi sul prossimo voto di settembre) se in Germania anche gli altri partiti considerano i temi ambientali come priorità; e in Francia le politiche ambientali hanno cominciato a correre solo da quando destra e sinistra hanno dovuto fare i conti con ““Europe Ecologie”, la federazione ecologista fondata da Daniel Cohn-Bendit che alle elezioni europee del 2009 ottenne oltre il 16% dei voti.

Chi scrive ha pensato che il Pd potesse essere, accanto a molto altro, anche la via italiana alla rappresentanza dei temi ambientali in politica: quella speranza ci sembra finita, sommersa da una deriva che ha progressivamente trasformato il Partito democratico nella somma litigiosissima e poco assortita di vecchie, decisamente datate appartenenze e di piccoli e grandi apparati.

Eppure una domanda di politica green ci sarebbe anche in Italia. Oggi più forte che mai, nutrita com’è non soltanto di valori e modelli di consumo, ma anche di concreti interessi economici. Molti segnali lo confermano: dal successo vistoso dei referendum su acqua pubblica e nucleare di un anno e mezzo fa, al peso non marginale che l’anima ecologica ha giocato nell’ascesa elettorale dei grillini, fino alla crescita formidabile, malgrado la crisi, della green economy, migliaia di imprese (energia, chimica verde, riciclaggio dei rifiuti) ignorate dalla politica (e dalla stessa Confindustria) che hanno fatto dell’innovazione ecologica il loro business principale.

Questa nuova economia già largamente in campo ma priva tutt’ora di rappresentanza politica, nel caso dell’Italia ha un’anima antica. Se è “verde” l’economia che produce benessere e prosperità senza intaccare il capitale naturale, allora noi l’economia verde l’abbiamo inventata prima di tutti gli altri e la pratichiamo con successo da secoli.

Vi è insomma una green economy in salsa italiana che si fonda sulla bellezza, il paesaggio, i beniculturali, la creatività, la convivialità, il legame sociale e culturale tra economia e territorio: tutte materie prime immateriali e dunque ecologiche, tutti talenti dei quali abbondiamo (da cos’altro nasce la fortuna del Made in Italy?) e che oggi sono la nostra arma migliore, forse l’unica vera arma su cui possiamo contare, contro i rischi incombenti di declino.

In Europa, l’Italia è considerata per tanti aspetti un’anomalia: l’assoluta marginalità dell’ambiente nel dibattito pubblico e in particolare nel confronto politico è uno dei nostri gap più evidenti. La scommessa,semplice e temeraria, di “Green Italia” ”è riuscire ad accorciarlo almeno un poco.

Roberto Della Seta
Francesco Ferrante

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