Articolo di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante su Huffington Post
Sabato prossimo (dalle 10 alle 20) i Fori Imperiali a Roma – davvero pedonalizzati quel giorno – si riempiranno non solo della consueta folla di romani e turisti che si ritrova in questo luogo unico al mondo tutte le volte che viene liberato dai tubi di scappamento, ma anche di decine di stand delle imprese delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica. Pannelli solari, mini-eolico, impianti per il biogas, innovazioni teologiche per il green building, e tanto altro ancora: sarà la “fiera dell’innovazione e dell’energia distribuita”. Sono state le associazioni ambientaliste (Legambiente, Wwf e Greenpeace) che insieme al Kyoto Club hanno deciso di mostrare “per strada” la rivoluzione energetica già in cammino: in cammino perché piace sempre di più ai cittadini; in cammino nonostante le campagne mediatiche contro le rinnovabili orchestrate dai poteri forti dei grandi gruppi industriali delle energie fossili (Enel ed Eni in testa) che disgraziatamente hanno trovato finora supina attenzione in tutti gli schieramenti politici, come testimoniano i tentativi di fermare le nuove energie venuti dagli ultimi tre, pessimi, ministri dello sviluppo (Romani, Passera e Zanonato) e sostenuti da tanti altri.
All’appello degli ambientalisti hanno risposto moltissime imprese (a partire da quelle riunite nel Coordinamento Free, Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) e sabato ai Fori sarà in mostra uno dei “pezzi” più moderni e dinamici della nostra industria, anche per reclamare una diversa e migliore rappresentanza.
La miopia della politica italiana verso i fenomeni più promettenti che dimostrano la vitalità e la forza competitiva di settori importanti della nostra economia non si manifesta, peraltro, solo verso le energie rinnovabili. Pochi giorni fa Symbola (la fondazione presieduta da Ermete Realacci), insieme a Unioncamere e alla Fondazione Edison, ha lanciato il manifesto “Oltre la crisi” e nell’occasione ha presentato dati da cui si vede che vi sono settori industriali in cui il nostro Paese non è affatto in crisi e dove anzi consolida posizioni di leadership; settori rispetto ai quali una generica e indifferenziata lettura “declinista” del presente e del futuro italiani si rivela completamente infondata.
Ecco alcuni dati generali: nel 2012 il surplus manifatturiero italiano con l’estero ha raggiunto un massimo storico pari a 94 miliardi di euro; tra l’ottobre del 2008 e il giugno del 2012 il fatturato estero dell’industria italiana è cresciuto più di quello tedesco e francese; sempre lo scorso anno siamo stati tra i soli cinque Paesi al mondo (insieme a Cina, Germania, Giappone, Corea del Sud) a presentare un saldo commerciale con l’estero per i manufatti non alimentari superiore ai 100 miliardi di dollari; secondo le stime elaborate dal Wto, l’Italia, subito dopo la Germania, sarebbe la nazione più competitiva al mondo sul piano commerciale. Numeri che fanno giustizia di una vulgata un po’ pigra e molto rozza secondo cui il nostro Paese sarebbe sistematicamente in fondo a tutte le classifiche sull’efficienza e la vitalità economiche.
Anche scendendo più nel dettaglio la ricerca si Symbola smentisce più di un luogo comune. Mostra per esempio che l’Italia nel turismo è il primo paese europeo (davanti anche alla Spagna) per numero di pernottamenti di turisti extra-Ue, con 54 milioni di notti. Tutto bene dunque? La nave va e basta assecondare il vento? Ovviamente no, e in particolare sono di assoluta evidenza gli effetti che cominciano a farsi devastanti anche sul piano sociale – aumento della disoccupazione, disoccupazione giovanile a livelli record, chiusura a pioggia di attività imprenditoriali e commerciali – del progressivo aggravarsi della crisi di un mercato che diventa ogni giorno più asfittico. Ma proprio per uscire da questo tunnel è decisivo imparare a riconoscere le “best practices”, le innovazioni che si dimostrano vincenti; imparare insomma a immaginare il futuro.
Proprio qui l’esempio delle rinnovabili e dell’efficienza energetica è illuminante. Si sono versati fiumi di inchiostro sui miliardi che avremmo regalato ai costruttori cinesi di pannelli fotovoltaici grazie agli incentivi alle nuove energie, senza vedere – o fingendo di non vedere – che proprio grazie agli incentivi sono nate e cresciute a casa nostra le migliori aziende produttrici di inverter (la componente più tecnologica e a più alto valore aggiunto in un impianto fotovoltaico), che esportano in tutto il mondo dalla Cina agli Stati Uniti.
Ancora: da anni si chiede, e da anni si aspetta invano, la stabilizzazione di quel credito d’imposta (oggi del 65%, domani chissà…) sulle ristrutturazioni degli edifici a fini di risparmio energetico che in questi anni ha svolto una formidabile funzione anticiclica, non solo alleggerendo le bollette energetiche delle famiglie e riducendo le emissioni inquinanti, ma offrendo un po’ di ossigeno a un settore, quello dell’edilizia, altrimenti moribondo.
Ecco, sabato 26 ottobre un pezzo dell’Italia migliore, fatta di cittadini e imprese che non si rassegnano al declino e s’impegnano tutti i giorni per evitarlo, si troverà ai Fori Imperiali di Roma per chiedere alla politica, alle politiche, un genere nuovo di “larghe intese”: larghe intese non per conservare l’esistente e non disturbare nessun “manovratore”, ma per portare il nostro Paese fuori dalla crisi e dentro il futuro.