L’Ispra potrà prendere soldi dai privati. A rischio i controlli

“A rischio i controlli ambientali che garantiscono la salute dei cittadini. Con il nuovo regolamento all’esame della Commissione Ambiente del Senato, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra) potrà stipulare contratti con le imprese, con la conseguenza di un evidente conflitto di interessi: prenderà soldi da chi poi magari dovrà sottoporre a controllo”. Lo denunciano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, che sottolineano come sia “saltato in commissione Ambiente al Senato il voto sul parere al regolamento per difficoltà della maggioranza”.

“Noi – dicono i due senatori ecodem – abbiamo denunciato fin dal principio che la scelta della Destra di istituire l’Ispra è stata profondamente sbagliata perché ha confuso in un unico istituto privo d’identità la fondamentale funzione dei controlli ambientali, che prima era stata affidata all’Apat, e la funzione della ricerca, con l’accorpamento di ben 2 enti come l’Istituto centrale per la ricerca scientifica applicata al mare (Icram) e l’Istituto nazionale della Fauna selvatica (Infs). Il regolamento dell’Ispra ora all’esame della Commissione non solo non risolve questo nodo, ma presenta 3 aspetti che peggiorano la situazione. Per prima cosa riduce ancora di più l’autonomia dell’Ispra dal ministero, quando in tutto il mondo i controlli ambientali vengono svolti da agenzie terze. In secondo luogo estromette le Regioni dalla governance Ispra, non tenendo in alcun conto la preziosa esperienza delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente che si è affermata in questi anni. Inoltre consente all’Ispra di stipulare contratti di consulenza con i privati, con la conseguenza che l’istituto potrebbe trovarsi a ricevere soldi da aziende in seguito da sottoporre a controlli, con un’evidente conflitto di interessi. In questo modo – concludono Della Seta e Ferrante – non solo si mette a rischio la salute dei cittadini, scopo prioritario dei controlli ambientali, ma non si finanzia la ricerca, come dimostra la protesta sul tetto dei precari dell’Ispra, vicenda sulla quale finora si è solo messa una toppa”.

Indecente la partecipazione delle Università alla Settimana dell’Apartheid israeliano

“È indecente che delle Università pubbliche italiane partecipino alla “‘Israeli Apartheid Week”’, iniziativa che alimenta l’’odio contro lo Stato ebraico””.

È quanto afferma Roberto Della Seta, senatore PD, commentando la partecipazione di tre Università italiane –– Pisa, Bologna e Roma – alla ““Settimana dell’’Apartheid israeliano” in corso in questi giorni, e preannunciando un’’interrogazione al Ministro Gelmini sulla vicenda.

““Invitare al boicottaggio non solo contro lo Stato d’Israele, ma contro le sue istituzioni culturali, come proclama la “Settimana”’, è una posizione che evoca i peggiori fantasmi dell’’antisemitismo e del pregiudizio antiebraico. Se qualche professore universitario o qualche gruppo politico intende prestarsi a questo obbrobrio, è libero naturalmente di farlo assumendosene la responsabilità, ma è inaccettabile che delle Università pubbliche, pagate con i soldi degli italiani, offrano spazio e legittimità a un’iniziativa che punta, tra l’’altro, a boicottare ogni rapporto di scambio e di dialogo con gli atenei israeliani e che con ogni evidenza – conclude Della Seta – rappresenta l’’opposto dei valori di apertura culturale e libero confronto che le istituzioni universitarie pubbliche dovrebbero presidiare”.

Povera Italia senza passione verde

L’Italia tra i grandi paesi occidentali è quello dove il movimento ambientalista ha ottenuto la sua vittoria più precoce e una delle più eclatanti: l’’abbandono del nucleare sancito dai referendum del 1987.

Ma è pure l’unico dove l’’ambiente è rimasto ai margini del dibattito pubblico e soprattutto dell’’attenzione dei grandi media e delle forze politiche.

Questo paradosso è il filo conduttore di Passione Verde, un bellissimo libro di Francesca Santolini edito da Marsilio da cui arrivano alcune risposte originali sul perché da noi l’’ambiente, per usare una formula cara a Legambiente, mentre è diventato come dappertutto un «gigante culturale», invece è tuttora un «nano politico».

Per illustrare lo stato di «minorità» che caratterizza da sempre il posto dei temi ambientali nella politica italiana, Santolini parte dalle parole dal con cui nel 2001 Altero Matteoli, allora uno dei colonnelli di AN, commentò la sua ri-nomina a Ministro dell’Ambiente (già lo era stato nel 1994): «È come quando ti nasce una figlia femmina», disse candidamente Matteoli, chiarendo con una sola battuta come la pensava sull’ambiente e sulle femmine.

Ma Santolini non è tenera nemmeno con il centrosinistra e con gli stessi Verdi, di cui pure è un’esponente.

Racconta dell’incapacità dei governi e dei partiti di sinistra di vedere nell’ambiente e nei suoi vari capitoli uno dei grandi temi della modernità su cui ridisegnare l’’idea di progresso, di sviluppo, la stessa identità riformista; della mediocrità di molti dei “leader” verdi del passato, tanto più vistosa e desolante se messa al confronto con la genialità di pionieri italiani dell’ecologismo politico come Alexander Langer o di ecologisti europei da Joscka Fischer a Dany Cohn-Bendit a Cem Özdemir, tedesco di origine turca che oggi è a capo dei Grünen. E racconta soprattutto, in un viaggio ricco e appassionato attraverso le nuove idee dell’ecologia che stanno mettendo radici quasi ovunque nel mondo – dalla democratizzazione energetica avviata in Germania che ha visto nascere decine di migliaia di piccoli impianti alimentati con fonti pulite, ai gruppi di acquisto sempre più diffusi nei paesi anglosassoni che privilegiano scelte di consumo ecologiche –, che l’ambiente per affermarsi come nuovo paradigma politico, oltre che culturale ed economico, ha bisogno di una politica libera dalle incrostazioni ideologiche del Novecento e dalla schiavitù di un meccanismo di selezione dei decisori politici che avviene quasi soltanto per cooptazione.

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