Sull’Ilva dal governo Renzi un decreto su misura dei Riva

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“I Riva e Federacciai dettano e i ministri Guidi e Galletti diligentemente eseguono. Il decreto varato dal governo sull’Ilva certifica che non verrà usato nemmeno un euro dei fondi sequestrati alla  proprietà dell’azienda siderurgica, che per i prossimi due anni l’acciaieria potrà derogare alle prescrizioni ambientali e si è messo il sub commissario alle tematiche ambientali nella condizione di non disturbare il manovratore. Il combinato disposto di tutto ciò è uno schiaffo alla città di Taranto e alle sofferenze dei suoi cittadini”.

Lo dichiarano gli esponenti di Green Italia Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.

“Il decreto – aggiungono  – prevede che entro il 30 luglio 2015 sia attuato solo l’80% delle misure ambientali in scadenza a quella data, e dunque in quel rimanente 20% si annida la scappatoia che permetterà all’Ilva di continuare a inquinare, derogando alle prescrizioni più importanti e impattanti. Il governo Renzi si schiera dalla parte dei grandi inquinatori, e ieri, oltre alle indecenti decisioni sull’Ilva , il Consiglio dei Ministri, in  riferimento ai combustibili marittimi usati nelle acque territoriali e nelle zone di protezione ecologica, ha stabilito un limite massimo di tenore di zolfo pari al 3,5%, ben più alto di quello previsto ad esempio nel Mar del Nord e di quello che aveva chiesto la Commissione Ambiente della Camera”.

Teatro Valle: come nel nome dei beni comuni si privatizza uno spazio pubblico

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Articolo su Huffington Post –

Era il giugno 2011. Un centinaio di lavoratori dello spettacolo – attori, tecnici, registi – occupavano il Teatro Valle nel cuore di Roma per salvare dal declino, forse dalla scomparsa dopo la chiusura dell’Eti che gestiva da decenni la struttura, questa che è una delle più prestigiose istituzioni teatrali italiane: qui andò in scena (il 9 maggio 1921) la “prima” di “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello, da qui sono passati tutti i più grandi protagonisti della storia del teatro italiano.

Generose e condivisibili le parole d’ordine di quell’atto di nobile ribellione: la cultura è un “bene comune”, no alla logica dei tagli continui e lineari ai già poverissimi budget pubblici della spesa culturale. Promettente anche l’avvio di questa esperienza di “autogestione”: presentata come condizione per scongiurare la temuta fine del Valle e come una tappa che in breve tempo avrebbe restituito il teatro alla sua funzione di luogo pubblico di produzione e trasmissione di cultura.

Dopo tre anni, e nonostante alcune iniziative culturali di pregio, la vicenda del Teatro Valle occupato è imprigionata in una via senza uscita: per rimanere in tema non assomiglia a un dramma e nemmeno a una commedia, piuttosto ha acquistato i tratti inequivocabili della farsa.

Partiti con buonissime intenzioni per garantire la sopravvivenza di un prezioso bene comune, gli occupanti hanno finito per realizzare la privatizzazione di quello che era comunque prima di loro uno spazio pubblico. Sicuramente in difficoltà finanziaria, forse mal gestito, ma pubblico.

Un gruppo di persone proclamatesi garanti dell’interesse pubblico si è impossessato stabilmente di questo spazio, che è anche un bene architettonico tutelato, e da allora lo conduce fuori da qualunque controllo democratico e di legalità, scegliendo a discrezione chi ospitare e chi no, autoazzerandosi il pagamento dell’elettricità e della tassa sui rifiuti.

Ora il sindaco Marino finalmente ha detto basta: il Teatro Valle deve tornare alla città, la scelta su chi, come, con quante e quali risorse deve gestirlo va affidata a procedure trasparenti e legali. Insomma, chi nel nome del “benecomunismo” l’ha privatizzato deve lasciare il campo. La speranza è che a queste parole seguano fatti conseguenti: l’apologo quasi orwelliano del Valle occupato trasformato in una novella “Fattoria degli animali” – da utopia assembleare a oligarchia abusiva -, esempio mirabile di eterogenesi dei fini, è durato troppo.

Roberto Della Seta

Francesco Ferrante

La norma killer del Governo che permette di inquinare impunemente il mare

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“Nel decreto legge 91 emanato nei giorni scorsi dal Governo e ora all’esame del Parlamento è inserita una norma killer che azzera tutti i limiti di legge per i veleni industriali scaricati in mare: dall’arsenico al mercurio, dal piombo ai solventi organici, le soglie verranno stabilite caso per caso, dunque in modo discrezionale così da permettere a questo o quel impianto di inquinare impunemente l’ambiente”.

È quanto denunciano gli esponenti di Green Italia Verdi Europei Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, per i quali “questa norma vìola palesemente le normative europee e esporrà il nostro paese all’ennesima procedura d’ infrazione da parte dell’Europa”.

“Così il Governo Renzi e il ministro Galletti aggiungono –  hanno deciso di imboccare la solita scorciatoia all’italiana: siccome dall’Ilva a Gela, le industrie dei veleni non si mettono in regola con i limiti anti inquinamento, allora invece di costringerle alla legalità si cancellano i limiti”.

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