Articolo su Huffington Post scritto con Francesco Ferrante
– Caro Matteo, non siamo tra quelli che si indignano per il tuo linguaggio politico inedito e un po’ anarchico, per le tue mani in tasca mentre parli in Senato, per le tue battute “ad personam“. In Italia per come è messa la politica, per come ha sceso fino agli ultimi gradini della reputazione pubblica, chi vuole cambiare davvero non può non cominciare mostrandosi diverso, alieno anche nei dettagli, nell’imballaggio.
Invece ci preoccupa che presentando il tuo governo, davanti al Parlamento come davanti alle centinaia di migliaia di tuoi follower su Twitter, tu finora ti sia dimenticato di una questione che è centrale nel discorso pubblico di tutti i grandi innovatori a cominciare dal prototipo Barack Obama: la crisi ecologica come paradigma dei nostri problemi, italiani e globali; e l’ecologia come paradigma di soluzioni che guardino al futuro anziché alle vecchie ricette del Novecento. Questo silenzio ci inquieta persino di più del fatto che tu abbia nominato ministro dell’ambiente una persona rispettabilissima ma messa lì per caso, per assegnare l’ultimo strapuntino rimasto libero. Vuoi somigliare a Obama? Passa all’assemblea di sabato 1° marzo (al Teatro Quirinetta di Roma) dove nasce “Green Italia”: troverai buoni spunti!
La crisi ecologica – che significa nel mondo la minaccia dei cambiamenti climatici e in Italia emergenze altrettanto drammatiche dall’Ilva di Taranto alla “terra dei fuochi” – è uno dei segni che rendono inedita e davvero “epocale” la stessa crisi economica di questi anni. Le due crisi vanno affrontate insieme: si esce dalla seconda solo aggredendo anche la prima, solo mettendo al centro dell’idea di futuro quel nuovo orizzonte politico che prende il nome di “green new deal”.
“Green new deal” perché i problemi ambientali costano sempre di più anche in termini economici, di mancato sviluppo e di perdita di lavoro. “Green new deal” perché l’Europa e l’Italia possono restare protagoniste nella globalizzazione soltanto scommettendo sulla nuova economia “green” dalle rinnovabili all’efficienza energetica alla chimica verde. Una prospettiva così impone scelte innovative e radicali e non ammette ambiguità e furbizie. Per esempio sull’energia: sì alle rinnovabili e all’efficienza vuol dire assecondare la rivoluzione energetica in atto per uscire dall'”era del fossile”, e smetterla di dare ascolto alle sirene della conservazione che gridano contro gli incentivi alle energie pulite; e vuol dire battersi in Europa per tre obiettivi ambiziosi – riduzione delle emissioni di CO2, aumento delle rinnovabili e dell’efficienza – seguendo su questo l’esempio della Germania e dicendo un chiaro no alle pretese di passi indietro che giungono sistematicamente da Confindustria.
La destra e la sinistra tradizionali, specialmente in Italia, questa consapevolezza non ce l’hanno. Pensano che dalla crisi economica e sociale che morde la vita di milioni di persone si possa uscire lasciando tutto com’è, solo affidandosi al mitico rigore dei bilanci pubblici; oppure, è il caso della sinistra cosiddetta radicale, propongono un improbabile ritorno a Keynes, allo sviluppo finanziato con la spesa pubblica. Per sostenere l’idea di un “green new deal” nasce “Green Italia”, che sabato prossimo (1° marzo) a Roma (Teatro Quirinetta) terrà la sua assemblea di fondazione. “Green Italia” nasce per dare all’Italia una presenza autonoma dell’ecologia in politica, come c’è in tutti i principali Paesi europei.
Di ecologia l’Italia ha un bisogno estremo. Le serve l’ecologia come la proponeva già molti anni fa Alex Langer: punto di vista sullo sviluppo e sul progresso irriducibile alle categorie della sinistra e della destra novecentesche, divise su tutto ma unite nel considerare marginali o irrilevanti i problemi dell’inquinamento, del clima che cambia, delle risorse naturali e della biodiversità che si consumano. Queste “larghe intese” ante-litteram, da una parte non hanno evitato, tutt’altro, la crisi economica e sociale più grave da quasi cent’anni, dall’altra ci hanno portato fino all’Ilva di Taranto – dove da decenni si produce acciaio avvelenando, letteralmente avvelenando, un’intera città – e fino alla “terra dei fuochi” – un territorio grande come l’Umbria trasformato in discarica di rifiuti tossici. Serve all’Italia l’ecologia di Langer e di tanti padri nobili di questo nuovo pensiero, e le serve l’ecologia che già si è fatta società, economia, sviluppo, lavoro: con migliaia di imprese “green” cresciute “all’insaputa” della politica e spesso suo malgrado, con milioni di donne e di uomini che dall’impegno nelle associazioni ambientaliste fino all’esperienza – straordinariamente larga ma quasi “clandestina” – dei “gruppi di acquisto solidale” hanno messo l’ambiente al centro della loro cittadinanza attiva.
Sabato 1° marzo questa ambizione sarà al centro della nostra assemblea. Verranno a ragionarne con noi Ignazio Marino, Luigi Ciotti, Giusi Nicolini, Andrea Carandini, Mauro Ceruti, Philippe Daverio, la segretaria del “Green European Party” Jacqueline Cremers. Se facessi un salto pure tu, caro Matteo, per noi sarebbe un piacere e per te, forse, un’occasione utile ad affrontare meglio la tua “missione impossibile” da grande innovatore.