Articolo su Huffington Post con Francesco Ferrante
Mentre la Conferenza sul clima in corso a Madrid ci si avvicina ogni giorno di più a un desolante “nulla di fatto”, dall’Italia arrivano invece due segnali incoraggianti di “movimento”. Il primo è la mozione appena approvata dalla Camera dei Deputati, prima firmataria l’ex-presidente di Legambiente Rossella Muroni, che impegna il governo a dichiarare lo stato di ”emergenza climatica” e a compiere passi decisi e concreti sulla via della transizione ecologica.
Il secondo è la diffusione del Manifesto per “Un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica”, promosso dalla Fondazione Symbola e sottoscritto come primi firmatari da Ermete Realacci (presidente Fondazione Symbola), Ettore Prandini (Presidente Coldiretti), Vincenzo Boccia (presidente Confindustria), Francesco Starace (Ad Enel), Enzo Fortunato (direttore sala stampa del Sacro Convento di Assisi) e Catia Bastiol (Ad Novamont).
Punto di partenza del Manifesto, al quale hanno già aderito circa 1000 tra economisti, manager, sindacalisti, ricercatori, dirigenti di associazioni ambientaliste, è una doppia consapevolezza: che la crisi climatica non è una minaccia ma un dramma in atto, come richiamato nel modo più autorevole dall’Enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco, e che i suoi effetti potenzialmente catastrofici non riguardano una generica, astratta “natura” ma qualcosa di assai più concreto, cioè il benessere presente e futuro della nostra specie.
Crisi climatica globale vuol dire che aumenta dappertutto la temperatura media; che si moltiplicano e si allargano come latitudine gli eventi meteorologici estremi; che da una parte si sciolgono i ghiacciai e s’innalza il livello di mari e oceani, dall’altra superfici sterminate di terre un tempo fertili diventano aride o desertiche. Fenomeni che pesano terribilmente sulla sicurezza e la prosperità degli esseri umani prim’ancora che sulla salute del pianeta, basti pensare all’esercito disperato che si ingrossa ogni giorno dei “profughi del clima” costretti a lasciare le loro terre inaridite in cerca di vita altrove.
Per fronteggiare questa emergenza serve agire rapidamente e radicalmente, azzerando entro la metà di questo secolo le emissioni di gas climalteranti dovute principalmente all’uso di combustibili fossili e dunque investendo forte sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica a ogni livello, dall’elettricità ai trasporti. Un obiettivo difficile ma possibile che richiede l’impegno dell’intera comunità umana.
Un traguardo che va posto al centro di una rinnovata mission – di un “green new deal” – dell’Europa, come promesso con parole forti e innovative dalla nuova presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen. E una sfida che a maggior ragione per l’Italia, rappresenta anche l’occasione per dare nuovo slancio, nuova forza economica a nostri “talenti” tradizionali, che se raccolta e vinta può rendere il nostro Paese molto più forte e molto più sano.
È la “green economy” in salsa italiana, capace di rendere più competitive le nostre imprese, di produrre tanti nuovi posti di lavoro, di valorizzare ricchezze tipicamente italiane: la bellezza riconosciuta ovunque dei nostri luoghi e dei nostri prodotti, la coesione sociale e l’apertura al mondo esterno dei nostri territori, la vocazione a innovare della nostra manifattura.
Già oggi questa è la scelta di migliaia di nostre imprese grandi e piccole, che come conferma l’ultimo Rapporto sulla “GreenItaly” della Fondazione Symbola quando investono in miglioramento ambientale vedono crescere di più il fatturato, l’occupazione, l’export. Molti dei protagonisti di questo sforzo di innovazione si ritrovano tra i firmatari del Manifesto di Symbola. Accanto a loro voci importanti del mondo della ricerca, dell’associazionismo che da tempo si battono per affermare le ragioni della “Greenitaly”.
Questa presa di coscienza trasversale che lega tra loro mondi diversi – l’impresa, la scienza e la ricerca, l’associazionismo ambientalista – è diventata finalmente, anche e molto grazie alla preziosa mobilitazione del movimento dei “Friday for future”, patrimonio quotidiano dei grandi media. Chi manca ancora all’appello? Fino a oggi è mancata quasi del tutto la politica. Con rare eccezioni, la politica italiana fatica maledettamente a capire davvero, oltre le rituali professioni di amore per l’ambiente, che le ragioni della “Greenitaly” costituiscono un prioritario interesse nazionale.
Qui è anche il “cuore” del Manifesto di Symbola: oggi in Italia per essere veramente e utilmente “patrioti” occorre non solo declamare, ma praticare gli obiettivi di un’economia sempre più a misura d’uomo e di ambiente. Chissà che come lascia sperare la mozione sull’”emergenza climatica” approvata in Parlamento non finiscano per convincersene anche gli ultimi “giapponesi”, e che magari fra qualche mese si possa rilanciare questo stesso appello arricchito dalla felice constatazione che la politica italiana, come l’intendenza nelle celebri parole di Napoleone e De Gaulle, alla fine persino lei “ha seguito”.