Articolo con Francesco Ferrante su Huffington Post –
Tra le pieghe del dibattito pubblico italiano sta prendendo forma una nuova, non proprio promettente, tendenza: il “razzismo ambientalista”, l’idea cioè che gli abusi edilizi siano più o meno gravi a seconda della latitudine di dove vengono commessi.
L’occasione per questo originalissimo distinguo viene dalle discussioni intorno al tema – questo un “ever green” della politica nazionale – dei condoni. Si parla e si scrive moltissimo in questi giorni del condono fiscale preannunciato dal governo, sui cui contenuti e contorni hanno litigato e poi fatto pace Cinquestelle e Lega.
Si parla e si scrive molto meno di condono edilizio, ma anche su questo fronte il governo penta-leghista è decisamente attivo: prima c’è stata la mini-sanatoriaper i piccoli abusi compiuti nei Comuni dell’Italia centrale colpiti dal sisma dell’agosto 2016 (decreto terremoto convertito nel luglio scorso), poi con il decreto su Genova del 28 settembre è arrivato il condono per i comuni terremotati di Ischia, infine grillini e leghisti con emendamenti alla legge di conversione del decreto-Genova attualmente in discussione hanno proposto di allargare un po’ di più le maglie della sanatoria per le zone terremotate di Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio.
Nulla di nuovo, la storia dell’Italia contemporanea è disseminata di una sequenza fittissima di condoni fiscali ed edilizi: una sequenza con i suoi “fuoriclasse” – uno su tutti: Berlusconi – ma con uno svolgimento rigorosamente trasversale tra destra e sinistra ed equamente distribuito tra prima e seconda Repubblica.
Nei decenni si è condonato di tutto: evasione fiscale e contributiva, piccole e grandi multe, esportazione illegale di capitali all’estero, costruzione abusiva di case e di interi quartieri. A rimetterci sono stati, sempre, gli italiani onesti, sono stati il territorio e il paesaggio, è stata la credibilità delle leggi e dello Stato: ormai che si tratti di fisco o di edilizia, tutti quelli disposti a violare le regole sanno di poter contare prima o poi su qualche sanatoria.
Non è nuovo nemmeno il tentativo, messo in atto da tutti i governi condonisti compreso l’attuale, di chiamare la “cosa”, una cosa di per sé indecente, con nomi abbelliti: non condono fiscale ma “pacificazione”, non condono edilizio ma “semplificazione”. Semmai stupisce, nei casi odierni, che a varare i condoni e a battezzarli con nomi edificanti siano con la Lega i Cinquestelle, movimento legalitario per eccellenza.
Eppure questa ennesima ondata di condoni una novità la porta. Riguarda le varie norme sul condono edilizio che per la prima volta stabiliscono una gerarchia di abusi fondata non su criteri universali che valgono in tutta Italia nella stessa misura, ma su altro. Si può sanare un abuso solo se commesso in un comune colpito dal terremoto. E lo si può sanare più largamente, ecco il “razzismo ambientalista”, se il comune terremotato è nell’Italia centrale e con più limiti se si trova nel Sud.
La prima “discriminazione” è persino surreale. Se c’è una cosa che l’Italia dovrebbe imparare dai terremoti, è che le loro conseguenze sulle persone e sulle cose sono tanto più gravi per il fatto che nel nostro Paese si è a lungo costruito senza regole o non rispettando quelle che c’erano. Fondare la ricostruzione in zone colpite da eventi sismici sulla possibilità di sanare abusi compiuti in passato – come fa la norma approvata in luglio per l’Italia centrale e quella per Ischia inserita nel decreto-Genova – è l’opposto di ciò che servirebbe per dare più sicurezza ai cittadini che abitano in aree ad elevato rischio sismico.
La seconda “discriminazione” è su base territoriale e suona più o meno così: nei comuni terremotati delle Marche, dell’Umbria, del Lazio, dell’Abruzzo, a chi ha commesso abusi edilizi è “perdonato” molto di più che ai cittadini di Ischia che si trovano nelle identiche condizioni. I primi possono richiedere la concessione in sanatoria e i contributi per la ricostruzione anche per abusi compiuti di recente e fino a oggi mai “autodenunciate”, i secondi solo per le irregolarità dichiarate prima dell’ultimo grande condono, varato dal governo Berlusconi nel 2003.
Ma c’è di più: mentre il “condonicchio” per Ischia solleva proteste e denunce, sacrosante, quello un po’ più ampio (e che si sta cercando di estendere ulteriormente) per l’Italia centrale non solo non provoca scandalo ma riscuote consensi anche in mondi “insospettabili”, normalmente molto attenti alle ragioni della legalità urbanistica e ambientale.
A noi i condoni edilizi non piacciono a prescindere, che riguardino il Centro, il Sud oppure il Nord dell’Italia. Non ci piacciono perché – come ricorda spesso Sergio Rizzo, tra i pochi osservatori sensibili al problema “senza se e senza ma” – sono un premio a chi se ne frega delle regole e un insulto agli onesti, e perché rappresentano un incentivo formidabile all’abusivismo e all’insicurezza abitativa.
Ma non ci piace nemmeno questo messaggio dal sapore razzista, e dal profilo giuridicamente insostenibile, che sta passando in parlamento e non solo secondo il quale di fronte a due case costruite o ampliate illegalmente, si decide che una diventa legale perché sta nell’Italia “civile” e l’altra resta abusiva perché troppo “terrona”.