Società

Genova sommersa dalle larghe intese del cemento

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Articolo su Huffington Post – 

Meno ‘scafato’ (rafforzativo romanesco per ‘furbo’) e probabilmente più serio di ministri, presidente di regione e presidente del consiglio, il sindaco Doria è andato perle strade di Genova seppellite dal fango a metterci la faccia, e com’era prevedibile s’è preso insulti anche per tutti gli altri. Ma nella catena delle responsabilità che hanno portato a questa ennesima alluvione genovese, lui davvero non è che l’ultimo anello. Per dirne una, si sono perse le tracce di quell’assessore regionale alla protezione civile Raffaella Paita – la stessa scelta dal Pd come erede di Burlando per le imminenti elezioni regionali – dalla cui competenza dipendono gli allarmi meteo. Nel pomeriggio di mercoledì già in molti, tra questi la Società Meteorologica Italiana di Luca Mercalli, avevano diffuso comunicati prevedendo per Genova e Sestri Levante “Elevato rischio di allagamenti , dissesti e situazioni alluvionali”, ma dopo il disastro l’assessore ha dichiarato che “I modelli telematici previsionali non riportavano condizioni tecniche e scientifiche tali da emanare un’allerta”.

Del resto è difficile stabilire una gerarchia delle colpe: sono troppe e alcune sono troppo antiche. C’entra, naturalmente, il modo selvaggio in cui nel Novecento e in particolare negli anni del secondo dopoguerra è stata fatta crescere Genova: nel suo sottosuolo scorrono più di 100 ‘rivi’ tombati, che una cementificazione dissennata ha trasformato in altrettante bombe a orologeria pronte a esplodere. Oggi, si dice, il problema da cui nasce anche questa nuova tragedia sono i soldi insufficienti investiti dallo Stato per la messa in sicurezza della città e quelli stanziati ma non spesi per beghe burocratiche e lungaggini giudiziarie. Vero anche questo: però è semplicemente ridicolo sostenere che se a Genova i progetti per la difesa idraulica sono un monumento alle buone intenzioni che portano all’inferno, i colpevoli sono i tribunali. Read More…

Venezia “set” per matrimoni un po’ pacchiani: dov’è il problema?

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Articolo su Huffington Post –

“Venezia ridotta a set del matrimonio di Clooney lascia un retrogusto amaro”; come fanno tristezza Capri requisita per una festa russa e le masserie pugliesi usate come scenografia per le nozze miliardarie dei rampolli dell’acciaio indiano. Così Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera. Ma dov’è il problema?

Se l’amaro in bocca è per lo ‘show-off’ pacchiano e un po’ ridicolo dei nuovi ricchi o delle star di Hollywood, si può capire e condividere, salvando peraltro il povero (si fa per dire)Clooney che non ci pare abbia esagerato in ostentazione e sapendo inoltre che lo spettacolo non è nuovo. Di relativamente inedito, semmai, c’è che nel mondo unificato dalla globalizzazione e dal web i neo-plutocrati dell’ex-Terzo Mondo – arabi, indiani, russi, messicani, ormai persino qualche cinese… – scelgono spesso l’Europa per allestire la messa in scena del la loro smisurata prosperità. Ma il ‘kitsch’ di matrimoni e feste da favola esibiti pubblicamente come misura di successo e ricchezza non l’hanno inventato né gli indiani né i russi né gli arabi, è nato per l’appunto con lo star-system ed è nato in Europa (basta ricordare i matrimoni ‘televisivi’, non proprio sobri, tra Ranieri di Monaco e Grace Kelly o tra Carlo e Diana). Read More…

Lo stadio della Roma e il collegamento scomparso

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Articolo di Roberto Della Seta e Edoardo Zanchini sul Corriere della Sera –

Abbiamo fatto un bel sogno. Nasceva nella capitale un nuovo stadio tutto della Roma: un impianto moderno, sicuro, energeticamente efficiente, con spazi commerciali collegati. Uno stadio come ce l’hanno i grandi club calcistici europei, interamente pagato dai privati che in cambio di questo buon affare finanziavano le necessarie opere di urbanizzazione a cominciare dalla più importante di tutte: il collegamento con la stazione ferroviaria di Muratella per consentire ai tifosi (noi tra questi), agli sportivi, ai visitatori occasionali e a quelli stabili di raggiungere con i mezzi pubblici su ferro, i più rapidi e i meno inquinanti, questa sorta di “cittadella” romanista.

Nel sogno questo era il progetto presentato dalla Roma al Sindaco e alla stampa, con la garanzia per i romani che in questo caso, come troppo raramente in passato, l’operazione immobiliare sarebbe stata a tutto vantaggio della città: niente cemento in più rispetto alle previsioni del piano regolatore, ma invece un esempio virtuoso di collaborazione reciprocamente conveniente tra interesse pubblico e legittimo business. Read More…

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