Scienza

L’Ispra potrà prendere soldi dai privati. A rischio i controlli

“A rischio i controlli ambientali che garantiscono la salute dei cittadini. Con il nuovo regolamento all’esame della Commissione Ambiente del Senato, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra) potrà stipulare contratti con le imprese, con la conseguenza di un evidente conflitto di interessi: prenderà soldi da chi poi magari dovrà sottoporre a controllo”. Lo denunciano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, che sottolineano come sia “saltato in commissione Ambiente al Senato il voto sul parere al regolamento per difficoltà della maggioranza”.

“Noi – dicono i due senatori ecodem – abbiamo denunciato fin dal principio che la scelta della Destra di istituire l’Ispra è stata profondamente sbagliata perché ha confuso in un unico istituto privo d’identità la fondamentale funzione dei controlli ambientali, che prima era stata affidata all’Apat, e la funzione della ricerca, con l’accorpamento di ben 2 enti come l’Istituto centrale per la ricerca scientifica applicata al mare (Icram) e l’Istituto nazionale della Fauna selvatica (Infs). Il regolamento dell’Ispra ora all’esame della Commissione non solo non risolve questo nodo, ma presenta 3 aspetti che peggiorano la situazione. Per prima cosa riduce ancora di più l’autonomia dell’Ispra dal ministero, quando in tutto il mondo i controlli ambientali vengono svolti da agenzie terze. In secondo luogo estromette le Regioni dalla governance Ispra, non tenendo in alcun conto la preziosa esperienza delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente che si è affermata in questi anni. Inoltre consente all’Ispra di stipulare contratti di consulenza con i privati, con la conseguenza che l’istituto potrebbe trovarsi a ricevere soldi da aziende in seguito da sottoporre a controlli, con un’evidente conflitto di interessi. In questo modo – concludono Della Seta e Ferrante – non solo si mette a rischio la salute dei cittadini, scopo prioritario dei controlli ambientali, ma non si finanzia la ricerca, come dimostra la protesta sul tetto dei precari dell’Ispra, vicenda sulla quale finora si è solo messa una toppa”.

La Casa Bianca intensifica pressing sul Senato per l’ok alla legge sul clima

(AGI) – Houston, 27 ott. – A poco più di un mese dal vertice mondiale di Copenaghen, si e’ intensificato il pressing della Casa Bianca sul Senato Usa affinché dia il via libera alla legge sul clima. “Fissando un tetto sulle emissioni si riuscirebbe a dare all’industria dell’energia quella visione di lungo periodo necessaria per fare le scelte giuste sul fronte delle tecnologie e sugli investimenti”, ha detto il segretario americano all’Energia, Steven Chu, davanti alla commissione Ambiente e Lavori Pubblici del Senato. E’ scattata infatti oggi la tre giorni di audizioni davanti alla commissione presieduta dalla senatrice Barbara Boxer, autrice del provvedimento insieme al collega democratico John Kerry. Difficilmente la Legge sarà approvata in tempo per Copenaghen ma l’auspicio della Casa Bianca e’ che il testo venga licenziato almeno dalla commissione Ambiente e Lavori Pubblici prima del vertice. La legge sul clima prevede un taglio delle emissioni inquinanti del 20% entro il 2020 rispetto ai valori del 2005 e dell’80% rispetto al 2050. Per la Enviromental Protection Agency (Epa), anch’essa ascoltata oggi davanti alla commissione del Senato, la legge sul clima garantirebbe quella “necessaria trasformazione” dell’industria dell’energia entro il 2020 al costo, per le famiglie americane, di appena 30 centesimi al giorno. Una stima che molti senatori repubblicani contestano.

“Sara’ molto, molto più oneroso per i contribuenti”, ha tuonato il senatore James Inhof davanti al panel senatoriale, citando i dati sulla perdita di posti di lavoro e sulla frenata del Pil contenuti in un rapporto del Budget Office del Congresso. Anche per il senatore Max Baucus, che ha un ruolo di primo piano perché guida la commissione Finanze, la tabella di marcia per il taglio delle emissioni si muove troppo velocemente.

Case italiane sprecone come 8 centrali nucleari

Roma, 08 OTT (Velino) – Nelle case italiane si spreca energia pari a quella prodotta da 8 centrali nucleari. E’ quanto e’ emerso dalla relazione di Renato Cremonesi, esperto di sistemi energetici ad alta efficienza, intervenuto oggi a Roma al convegno annuale di Somedia Energetica nella sessione dei lavori dedicata al tema “Vivere, abitare e produrre con le rinnovabili”. Secondo Cremonesi il tema centrale sul quale dovrebbe concentrarsi l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica e’ la riqualificazione energetica degli edifici già esistenti. Un’alternativa pulita e immediatamente percorribile alle fonti nucleari.

“L’efficienza media del sistema edificio-impianto oggi in Italia – ha sottolineato Cremonesi – e’ pari al 45 per cento, il che significa che ogni giorno nelle nostre case sprechiamo più della meta’ dell’energia che consumiamo. La quota di energia che sprechiamo equivale a 17 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep) – ha proseguito Cremonesi – la stessa energia che producono 8 centrali nucleari di grandi dimensioni come ad esempio quella di Beznau in Svizzera di 730 MWe”. I dati forniti da Cremonesi nel corso del suo intervento, evidenziano come, in Italia, i consumi di energia primaria (l’energia che serve a mantenere le condizioni di comfort all’interno di un edificio) sono pari a 31.158.240 tep che, a loro volta, si traducono in una bolletta energetica di 32.069.720.871 euro. La fetta maggiore di questa cifra e’ destinata ai consumi termici (66 per cento) mentre la parte restante viene spesa per i consumi elettrici (34 per cento). Cremonesi ha dimostrato che, con pochi interventi come cambio di combustibile, installazione di caldaie a condensazione e installazione di strumenti di termoregolazione e di contabilizzazione, e’ stato possibile diminuire in 1.100 unita’ abitative su base annua del 33 per cento il costo del riscaldamento, del 28 per cento il fabbisogno di energia primaria e del 43 per cento le emissioni di CO2. Le potenzialità di risparmio sono sensibilmente maggiori se si interviene anche sull’involucro edilizio. “Il sistema Italia – ha concluso Cremonesi – pò e deve puntare sull’efficienza energetica, un mercato potenziale da 36 miliardi di euro all’anno e che potrebbe dare lavoro a circa 430.000 persone. Una scelta strategica che gioverebbe sia al potere d’acquisto delle famiglie, grazie al risparmio energetico, che alla qualità di vita dei cittadini, in termini di riduzione di emissioni di CO2”.

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