Politica

Quella di Civati non sarà una “Cosa rossa”, per questo funzionerà

Articolo su Huffington Post –

C’è spazio nell’Europa di oggi, lacerata tra la persistenza di politiche dell’austerità fine a se stessa e l’avanzata di populismi e neo-nazionalismi; c’è spazio in questa Europa incerta, spaventata, spesso rassegnata, per un’alternativa di progresso che rilanci, ma su basi contemporanee, il progetto solidale e federalista da cui è nata l’Unione? E c’è spazio per un’alternativa così in Italia, per quella nuova “cosa politica” preannunciata in questi giorni, in queste ore, da Civati?

Per noi lo spazio c’è, ma non è quello di una piccola o grande “cosa rossa”, della sinistra tradizionale e novecentesca che conosciamo. Del resto basta leggere con un po’ di attenzione i risultati di molte delle ultime tornate elettorali in giro per l’Unione europea. Dalla Spagna con “Podemos” all’Europa del nord con i Verdi, ad affermare nelle urne la possibilità di una “terza via” tra larghe intese conservatrici e derive populiste non è la vecchia sinistra, ma è l’idea di un cambiamento tanto radicale nella visione quanto estraneo alle gabbie ideologiche della sinistra d’antan.

È l’idea di un nuovo patto sociale incardinato su te grandi pilastri: statuto di cittadinanza, che significa lavoro ma anche molto di più dai diritti civili al reddito minimo per giovani e disoccupati; e poi “green new deal” per uno sviluppo economicamente solido ed ecologicamente sostenibile, e lotta senza quartiere alla selva di privilegi e rendite di posizione, troppo spesso contrabbandati per diritti acquisiti, che paralizzano sia l’ascensore sociale sia quello generazionale.

Di un’alternativa così c’è tanto più bisogno in Italia, dove la società è più ingessata e ingiusta che altrove e dove la politica, pure rinnovatissima nell’anagrafe dei suoi leader massimi Renzi e Salvini, si mostra incapace di ogni vero, sostanziale ritorno al futuro. Per capirci, ecco un unico esempio, più illuminante di mille Jobs act: mentre in Europa e nel mondo si lavora per accelerare la transizione energetica verso un sistema fondato su efficienza e fonti rinnovabili, mentre anche in Italia la parte più dinamica del sistema produttivo scommette sull’innovazione green, invece il governo Renzi insegue da mesi un incredibile programma di perforazioni petrolifere in mare e a terra, che anche lasciando da parte le controindicazioni ambientali è nel tempo presente un totale, irrevocabile non-senso, e ora addirittura con un suo decreto si prepara a colpire al cuore migliaia di imprese impegnate nella generazione distribuita di energia pulita.

Ecco, per noi la “cosa” di Civati potrà essere vincente se saprà nutrire questa ambizione: accompagnare la politica italiana negli anni 2000, lontano da improbabili pozzi di petrolio è vicino alle sfide – sociali, economiche, ambientali – che stanno disegnando il futuro del mondo e anche il nostro di europei e di italiani.

 

Roberto Della Seta

Francesco Ferrante

Dopo 20 anni di attesa, finalmente giustizia per il popolo inquinato

Inquinamento
“Dopo 20 anni di attesa da parte delle associazioni impegnate sul fronte dell’ambiente e della legalità, da Legambiente a Libera, e dopo due decenni in cui la politica ha fatto poco e niente, oggi finalmente il nostro Paese vede introdotti nel codice penale i reati ambientali.E’ una legge che è stata avversata da nemici potenti e anche da frange di benaltristi, ma che pone finalmente l’Italia al livello dei maggiori stati europei in materia di salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica”.
Lo dichiarano gli esponenti di Green Italia Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, dopo l’approvazione definitiva della legge in Senato.
“Troppi imprenditori disonesti – continuano Ferrante e Della Seta –  hanno calpestato per anni il diritto alla salute dei cittadini, e troppo spesso gli ecomafiosi hanno avuto gioco facile nel condurre i loro sporchi affari in un contesto di sostanziale vuoto normativo. Da oggi questo popolo inquinato, avvelenato dall’amianto e dalla diossina, potrà continuare a contare su chi in questi anni coraggiosamente e seriamente si è schierato al suo fianco – magistratura, forze dell’ordine, associazioni ambientaliste – sapendo che ora la legge è esplicitamente dalla sua parte”.

Il governo italiano intervenga in Egitto per la liberazione del blogger Alaa Abd el-Fattah

Egyptian activists jailed over illegal protest

Articolo su Huffington Post –

Abbasso il regime militare!”. Così gridarono circa due anni fa in aula di tribunale del Cairo il blogger egiziano Alaa Abd El-Fattah e altri 24 attivisti appena condannati per avere violato la legge che vieta ogni protesta, voluta dal governo insediatosi dopo il colpo di stato del 3 luglio 2013. Alaa è stato condannato a 5 anni di prigione. Il suo “reato” è avere partecipato a una manifestazione non autorizzata nel novembre del 2013. Pochi mesi dopo e con la stessa accusa, sua sorella minore è stata condannata a tre anni di prigione.

Alaa da anni si batte per la democrazia in Egitto. Specialista informatico, attivista e blogger, nel 2006 era stato incarcerato per la prima volta dopo una manifestazione contro il regime di Hosni Mubarak in cui si chiedeva più indipendenza della magistratura egiziana. Cresciuto professionalmente in una ONG italiana (COSPE), vincitore di una borsa di studio dell’ENEA, Alaa insieme alla moglie Manal Hassan ha creato la piattaforma Manalaa che ha consentito la libera espressione di tante voci di dissenso negli anni dell’opposizione a Mubarak, negli scioperi del 2008 ed infine con il movimento del 2011.

Per ottenere la liberazione di Alaa e dei suoi compagni, un gruppo di ricercatori e operatori della cooperazione italiani ((tra questi Stefano Gazziano, Carlo Volpi, Maria Donata Rinaldi, Federica Fedeli) ha promosso una petizione (http://www.ipetitions.com/petition/petizione-per-la-liberazione-di-alaa-abdel-fattah) rivolta al ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, affinché il governo italiano si attivi presso quello egiziano per tentare di arrivare rapidamente alla liberazione di Alaa Abd El-Fattah e degli altri blogger e attivisti democratici che attualmente sono detenuti per reati di opinione.

Tra gli altri hanno già sottoscritto la petizione Giovanna Melandri, Chicco Testa, Ermete Realacci, Gianni Mattioli, il presidente del COSPE Fabio Laurenzi, il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. La libertà d’espressione e di stampa è un valore universale: il governo italiano, che collabora con il regime egiziano sia nel campo dello sviluppo economico che nella lotta al terrorismo, deve porre questo come uno dei temi di dialogo nei suoi rapporti bilaterali con l’Egitto. Anche perché un Egitto più democratico, dove i diritti umani fondamentali non siano sistematicamente calpestati, sarebbe un importante fattore si stabilità geopolitica per tutto il mondo islamico.

 

Roberto Della Seta

Francesco Ferrante

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