Politica

Alexander, le visioni di un intellettuale di frontiera

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Articolo  su l’Unità  –

Esattamente vent’anni fa, il 3 luglio 1995, Alexander Langer se ne andava volontariamente da questo mondo impiccandosi a un albero di albicocche a Pian dei Giullari, vicino Firenze. Lasciò un biglietto con queste parole: “non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”.

Quando morì, Langer era deputato italiano e capogruppo dei Verdi nel Parlamento europeo. Ma nella sua vita ancora giovane, 49 anni, era stato molto di più: protagonista dei movimenti giovanili nati dal ’68, giornalista (fu direttore del giornale “Lotta Continua”), primo leader riconosciuto dei Verdi italiani. Soprattutto, Alexander Langer è stato un originalissimo intellettuale e politico “di frontiera”.

Fu di frontiera, Langer, nel senso geografico del termine. Era nato a Vipiteno in una famiglia di lingua tedesca – padre austriaco di origini ebraiche, madre altoatesina – ma rifiutò sempre la logica (tuttora operante) delle “gabbie etniche”, in base alla quale chi è nato e risiede nella provincia di Bolzano per accedere ai diritti di cittadinanza deve dichiarare formalmente la propria appartenenza a una delle tre comunità linguistiche (tedesca, italiana, ladina). Per questa sua “obiezione di coscienza”, a inizio 1995 gli fu rifiutata la candidatura a sindaco di Bolzano.

Langer in realtà dava grande valore alle identità, anche alle identità etniche, come radici preziose che legano – quasi naturalisticamente – ogni essere umano alla sua terra. In questo era certamente più tedesco che italiano. Al tempo stesso, la sua “visione civile” di cittadino orgogliosamente europeo si è sempre nutrita di un fortissimo spirito cosmopolita e del tema della convivenza multietnica, fino alla sofferta e disperata battaglia, anche questa squisitamente di frontiera, per convincere l’Europa – e lo stesso movimento pacifista di cui si sentiva parte – a intervenire per fermare la guerra etnica che dilaniava la Bosnia. Separandosi dolorosamente da quei pacifisti “integrali” che respingevano per un principio assoluto ogni ipotesi di intervento armato nella ex-Jugoslavia, Langer opponeva loro la necessità – un imperativo etico prima che una scelta politica – di “una forte autorità internazionale capace di minacciare ed anche impiegare, accanto agli strumenti assai più importanti della diplomazia, della integrazione economica, della informazione veritiera, la forza militare, esattamente come avviene con la polizia sul piano interno degli Stati”. Questo  “capitolo” della vita pubblica di Langer propone oltretutto una drammatica coincidenza di date: il suo suicidio è del 3 luglio 1995, una settimana dopo, l’11, nella città bosniaca di Srebrenica in una zona teoricamente sotto tutela dell’Onu le truppe serbo-bosniache comandate dal generale Mladic sterminarono 10 mila bosniaci di religione musulmana. Read More…

La Laudato si’ è un’enciclica che pesa quanto la Rerum Novarum

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Articolo su Huffington Post –

Quando più di un secolo fa, nel 1891, papa Leone XIII promulgò l’enciclica “Rerum Novarum“, nell’establishment di allora non mancarono reazioni di fastidio o peggio di stizza. L’idea che la Chiesa, da secoli pilastro decisivo dello “status quo” sociale, sostenesse la necessità di regolare lo sviluppo e l’organizzazione dell’economia “capitalista” tenendo conto anche e molto dei diritti e dei bisogni dei lavoratori, fu vista da alcuni come un cedimento inaccettabile al nascente movimento socialista, da altri come una presa di posizione “anti-moderna” che cercava di imbrigliare il progresso.

Succede lo stesso con l’enciclica di papa Francesco “Laudato Si'”, che pone per la prima volta la difesa dell’ambiente e degli equilibri ecologici, nella politica come nella vita quotidiana, come un “dovere” cristiano. In America la destra repubblicana, “negazionista” da sempre sui cambiamenti climatici, accusa il papa di invadere il campo delle scelte politiche che non gli compete. Si unisce al coro persino il cattolico convertito Jeb Bush, candidato alle presidenziali, che ha diffidato Francesco: “Non mi faccio dettare la politica economica dai miei vescovi, dai miei cardinali o dal mio Papa”. In Europa e anche in Italia le reazioni di fastidio sono meno esplicite, ma il “papa verde” fa storcere la bocca pure a tanti “liberisti” nostrani . L’accusa a Francesco è la stessa che a fine Ottocento veniva mossa a Leone: “La Chiesa si occupi della cura delle anime ma lasci stare la politica”.

Questa insofferenza diffusa è tutt’altro che innocente. Il paragone non sembri azzardato: la svolta ecologista di questo papa può produrre effetti altrettanto profondi sulla società, sulla cultura, sulla stessa politica di quelli che vennero dalla “Rerum Novarum” di Leone XIII, manifesto di fondazione della dottrina sociale della Chiesa. Le parole del papa sono decisamente ingombranti non solo per la grande influenza morale di chi le pronuncia presso centinaia di milioni di cattolici in tutto il mondo, ma per due ragioni squisitamente laiche: possono dare una spinta formidabile – come fu per l’enciclica sociale di papa Leone – a rinnovare contenuti e confini dell’etica pubblica, e poi schierano la Chiesa in una competizione attualissima e quanto mai aspra, quella tra l’economia dominante negli ultimi decenni – finanza, energia dei fossili e del nucleare, industria pesante dal cemento all’acciaio alla chimica di vecchia generazione – e la nuova economia dematerializzata – energie pulite, chimica verde, nuovi materiali – in cui l’innovazione tecnologica è spesso colorata di “green”. Si tratta di due ordini d’interessi entrambi legittimi e del tutto inconciliabili: il primo resiste a trasformazioni, in parte dettate da immensi problemi ambientali come il cambiamento climatico, che lo condannano al declino, il secondo di tali trasformazioni approfitta per crescere e affermarsi. Read More…

Primo atto di governo dell’”impresentabile” De Luca: sì al condono edilizio

Regionali: De Luca, contro di me guerra termonucleare

Articolo di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante su Huffington Post – 

Se qualcuno aveva dubbi sul carattere esclusivamente formale o anche sostanziale della “impresentabilità” di Vincenzo De Luca, il suo primo atto di governo – fortunatamente solo annunciato – aiuta a dissiparli. Il sindaco decaduto di Salerno e presidente “decadendo” della Regione Campania ha detto in un’illuminante intervista al “Mattino” che procederà immediatamente a condonare gli 80 mila immobili abusivi presenti nella sua regione.

A parte l’aberrazione giuridica di tali dichiarazioni – solo una legge nazionale può introdurre nuove sanatorie -, esse dimostrano chi è veramente De Luca: un notabile espressione della peggiore politica meridionale degli ultimi decenni, un perfetto rappresentante di quelle larghe intese campane che da tempo stanno cercando di condonare le migliaia di abusi edilizi non sanabili in base alle leggi vigenti, e così di perpetuare la condizione di endemica illegalità urbanistica, di distruzione territoriale costata alla Campania non solo danni incalcolabili all’ambiente ma una condizione generale di dissesto del suolo che da Sarno a Ischia ha provocato centinaia di morti e feriti. Read More…

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