Il giornalista e scrittore Vittorio Emiliani qualche giorno fa ha firmato sulle pagine dell’Unità l’articolo “Più speculazione e meno vincoli. Parchi minacciati”, presentato come un’attenta inchiesta mentre è invece ricco di opinioni, che sono ovviamente legittime, ma rimangono opinioni, non suffragate da dati di fatto. Questo avviene su vari argomenti, ad esempio, a proposito dei sindaci, della caccia, degli agricoltori, delle cave, delle miniere.
Questa la risposta mia e di Francesco Ferrante pubblicata sull’Unità di oggi.
Caro direttore,
su l’Unità del 14 dicembre Vittorio Emiliani ci rende l’onore di una citazione personale in quanto ispiratori, nel Senato della scorsa legislatura, di alcune proposte di modifica della Legge quadro sui parchi che secondo lui miravano ad indebolire le tutele naturalistiche sui parchi italiani.
La discussione, anche il confronto tra punti di vista diversi, non ci preoccupano, solo ci sarebbe piaciuto, proprio ai fini di un utile contraddittorio, che prima di lanciare accuse così severe Emiliani avesse dato un’occhiata sia pure rapida ai contenuti delle nostre proposte. Avrebbe scoperto, per esempio, che non chiedevamo affatto di delegare alle associazioni ambientaliste, come lui scrive, la nomina di metà dei componenti dei consigli direttivi dei parchi nazionali: nell’articolato approvato dalla Commissione Ambiente del Senato nel dicembre 2012 si prevede infatti che solo un membro su 8 dei consigli direttivi, o per i parchi più grandi due su dieci, siano indicati dalle associazioni (oggi sono per tutti i parchi nazionali due su dodici); avrebbe scoperto, ancora, che tra le modifiche da noi proposte alla Legge quadro del 1991 ve n’era una che tendeva a rafforzare il potere di nomina dei presidenti di parco nazionale in capo al Ministro dell’Ambiente, così da superare l’attuale diarchia Stato/Regioni che in assenza d’intesa porta al commissariamento e dunque alla paralisi degli enti parco; infine avrebbe scoperto che non solo quel disegno di legge non attenuava in nulla i vincoli sulla caccia nei parchi, ma inseriva per la prima volta nella legge quadro un divieto esplicito a cacciare nelle aree protette.
Quanto all’ulteriore accusa di prevedere l’inserimento nei consigli direttivi dei parchi nazionali di un rappresentante delle associazioni agricole – questa, per lo meno, fondata… – ci limitiamo ad osservare che coinvolgere gli agricoltori nella tutela naturalistica dei nostri più preziosi patrimoni di biodiversità a noi pare una scelta che rafforza tale tutela: intanto per la banale ragione che in Italia una parte importante della biodiversità da proteggere e salvaguardare è biodiversità agricola, poi perché proprio gli agricoltori costituiscono un presidio fondamentale di cura e di manutenzione – uno dei pochi e certo quello presente più capillarmente – in tutto il territorio non urbano, parchi compresi.
Per concludere, tranquillizziamo Emiliani su un ultimo punto. Non abbiamo mai scritto e nemmeno mai detto che insieme agli agricoltori dovrebbero entrare nel governo dei parchi anche “gli albergatori, i cavatori, i boscaioli”. Accertarlo non era complicatissimo: di nuovo, bastava leggere i testi che abbiamo proposto e votato.
Emiliani è un grande giornalista e tante volte il suo impegno è stato di aiuto per difendere l’ambiente maltrattato. In questo caso, forse distratto dalla sua nota e vagamente ossessiva antipatia per Legambiente e quindi per noi sottoscritti che da Legambiente proveniamo, ha preferito scrivere “per sentito dire”. Per una penna autorevole come la sua, non proprio il massimo.
Cordiali saluti
Roberto Della Seta Francesco Ferrante