Articolo di Roberto Della Seta e Edoardo Zanchini sul Corriere della Sera –
Abbiamo fatto un bel sogno. Nasceva nella capitale un nuovo stadio tutto della Roma: un impianto moderno, sicuro, energeticamente efficiente, con spazi commerciali collegati. Uno stadio come ce l’hanno i grandi club calcistici europei, interamente pagato dai privati che in cambio di questo buon affare finanziavano le necessarie opere di urbanizzazione a cominciare dalla più importante di tutte: il collegamento con la stazione ferroviaria di Muratella per consentire ai tifosi (noi tra questi), agli sportivi, ai visitatori occasionali e a quelli stabili di raggiungere con i mezzi pubblici su ferro, i più rapidi e i meno inquinanti, questa sorta di “cittadella” romanista.
Nel sogno questo era il progetto presentato dalla Roma al Sindaco e alla stampa, con la garanzia per i romani che in questo caso, come troppo raramente in passato, l’operazione immobiliare sarebbe stata a tutto vantaggio della città: niente cemento in più rispetto alle previsioni del piano regolatore, ma invece un esempio virtuoso di collaborazione reciprocamente conveniente tra interesse pubblico e legittimo business.
Qualche giorno fa ci siamo svegliati e davanti a noi c’era il progetto vero dello stadio della Roma. Pessimo risveglio, perché dalla presentazione del progetto iniziale fatta a marzo a oggi è cambiato tutto. Nella proposta di Pallotta e Parnasi – uno presidente della Roma, l’altro proprietario delle aree di Tor di Valle dove dovrebbe sorgere l’infrastruttura – è scomparso il collegamento con la stazione di Muratella. L’assessore all’urbanistica Caudo assicura che verrà almeno prolungata la linea B della metropolitana fino a Tor di Valle, ma nella documentazione presentata dalla Roma non si fa parola di collegamenti con la rete del ferro e invece si prevede che le opere di urbanizzazione per la viabilità riguarderanno essenzialmente il trasporto su gomma: strade, svincoli, parcheggi (dove per la modica somma di 10 euro si potrà lasciare l’auto durante la partita). Infine la ciliegina sulla torta, o meglio l’elefante tra i cristalli: come ringraziamento per alcune decine di milioni spese per rendere accessibile – rigorosamente in automobile – e commercialmente appetibile il “loro” stadio, Pallotta e Parnasi riceverebbero in premio la possibilità di realizzare accanto all’impianto un vero e proprio nuovo quartiere di uffici e alberghi. Si sta parlando di oltre un milione di metri cubi, poco meno di dieci alberghi Hilton uno accanto all’altro. Una volumetria immensa che trasformerebbe radicalmente il volto e il corpo di una parte di Roma: e tutto cemento extra rispetto a ciò che prevedono gli attuali strumenti urbanistici, per quella che diventerebbe la più grande variante urbanistica nella storia recente della nostra città.
Nel sogno ci sembrava di vivere in una Roma e in un calcio del futuro, governati secondo le regole e nell’interesse generale. La sveglia è stata dura, in mezzo ai soliti “signori” del calcio che usano la passione dei tifosi per lucrare su affari che con il pallone c’entrano zero. Ora mancano poche settimane prima che il Comune di Roma si pronunci sul progetto del nuovo stadio: sta ad Ignazio Marino decidere di quale delle due capitali – Roma europea, Roma palazzinara – vuole essere il sindaco.