Articolo su Huffington Post, con Francesco Ferrante
Mentre la Campania brucia, con migliaia di ettari inceneriti da roghi dolosi appiccati per interessi criminali, l’amministrazione regionale guidata da Vincenzo De Luca vara una legge che salva dalla demolizione migliaia di immobili abusivi.
Questi due fatti hanno molto in comune. Incendi dolosi e abusivismo edilizio sono tra i segni più evidenti dell’incuria di cui soffre da decenni il territorio campano. Disseminato di cemento illegale anche dove elementari esigenze di sicurezza abitativa imporrebbero di non costruire nemmeno un metro cubo (Vesuvio docet), senza l’ombra di un’azione di governo votata alla prevenzione del fuoco. Così, da una parte, nel silenzio più o meno complice di moltissimi amministratori la Campania si è ricoperta di cemento abusivo:
secondo dati di Legambiente e Cresme confermati dall’Istat, solo negli ultimi tre anni circa un terzo delle nuove edificazioni è abusivo; immobili realizzati spesso in aree di pregio naturalistico – valga per tutti il caso di Ischia – e in zone ad alto rischio idrogeologico, vulcanico, sismico. Dall’altra parte, come hanno denunciato tra gli altri Legambiente, Green Italia e Possibile, la Regione Campania non ha fatto nulla, letteralmente nulla per favorire un’adeguata opera di prevenzione del rischio incendi: fino all’inizio di luglio non aveva nemmeno approvato il “Piano antincendio boschivo” per il 2017 e le relative convenzioni con vigili del fuoco e Protezione civile (
l’ha fatto in fretta e furia il 14 luglio, come si dice “a buoi scappati”).
Ma incendi dolosi e abusivismo non sono in Campania soltanto problemi ambientali o di protezione civile. Sono mali ancora più profondi, tenuti insieme da uno stesso filo nero: una condizione di illegalità diffusa e spesso incontrollata, che aggredisce la vita delle persone e rappresenta un potente fattore di degrado sia sociale che economico. Condizione, va aggiunto, che è un perfetto brodo di coltura per il consolidamento del potere della camorra, non a caso largamente coinvolta sia nel business dell’abusivismo edilizio sia nella “regia” degli incendi costruiti a tavolino.
Si diceva che mentre la Campania va a fuoco, il governatore De Luca ha appena incassato il via libera a una legge, votata insieme dal centrosinistra e dal centrodestra, che
blocca le demolizioni degli immobili abusivi e consente a chi li ha realizzati di venderli e affittarli. Una legge sostenuta anche dal consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli ma che i Verdi nazionali, meritoriamente, hanno deciso di impugnare. A dire il vero la legge blocca-demolizioni della Campania non è, purtroppo, un caso unico: nei prossimi giorni il Parlamento potrebbe approvare una legge nazionale – il cosiddetto disegno di legge Falanga -, di ispirazione analoga e proposta, peraltro, da deputati tutti campani. Due obbrobri giuridici, che entrambi santificano un concetto – l’abusivismo “di necessità” – che da sempre è il grimaldello utilizzato per giustificare il diluvio di cemento illegale piovuto sulla Campania e su tutto il Mezzogiorno d’Italia.
Come è ovvio, Vincenzo De Luca non è il solo né il principale colpevole della mancata prevenzione antincendio né della compiacenza dei poteri pubblici verso l’abusivismo edilizio, che affondano le radici nel passato, non riguardano solo la Campania e investono anche molte scelte e non scelte dei governi nazionali. Però De Luca è un sintomo vistoso di quel problema generalissimo – la sostanziale assenza in particolare nel Mezzogiorno di una “classe politica” dignitosa e responsabile – di cui l’incapacità di organizzare un’efficace prevenzione contro i roghi dolosi e la benevolenza verso chi ha costruito illegalmente sono palesi dimostrazioni. Davvero, in questo senso, De Luca è un simbolo di quella che da tempo è diventata la “Campania infelix”.