Capace come pochi al mondo (nemmeno Berlusconi) di dire tutto e il contrario di tutto, Donald Trump ricevendo alla Casa Bianca i capi di Ford, Generale Motors e Sergio Marchionne Ceo di Fiat-Chrisler, ha dichiarato di essere una persona attentissima all’ambiente, di essere pure stato premiato per questo, e poi ha aggiunto: “I nostri amici che vogliono costruire fabbriche negli Stati Uniti non riescono a ottenere i permessi relativi al rispetto dell’ambiente. L’ambientalismo è fuori controllo”.
Con piena evidenza un “non-sense”: surreale dipingere l’America come un Paese dove l’ambiente vince sull’economia, e oggi l’unico fenomeno globale veramente fuori controllo sono i cambiamenti del clima. Ma tant’è. Accanto a Trump, Marchionne avrà capito il messaggio: Fca manterrà negli Stati Uniti lavoro e produzione, neutralizzando la minaccia trumpiana di un aumento del 35% sui dazi di importazione delle automobili, in cambio la nuova amministrazione Usa farà in modo di chiudere un occhio, magari tutti e due, sullo scandalo dei software truccati per abbattere i dati delle emissioni delle automobili Fiat e Chrisler.
Ma Marchionne deve essere rimasto molto soddisfatto dopo l’incontro con Trump anche perché lui e la sua azienda all’innovazione ambientale non hanno mai creduto: meglio l’”old-style” del futuro, meglio i fuoristrada che bevono un litro di benzina a chiloemetro delle auto elettriche.
Davvero sembra, dai primi passi del nuovo presidente americano, che insieme al protezionismo le politiche ambientali saranno l’altro campo privilegiato in cui verranno smantellate, rovesciate le scelte di Obama.
Non ha remore Trump a giocare sporco e duro, altrimenti non si spiegherebbe la decisione di piazzare Scott Pruit alla testa dell’Environmental Protection Agency. Pruit che sul suo profilo LinkedIn si fregiava di guidare un’azione di sistematico contrasto alle politiche dell’Epa, e che per due volte ha fatto causa alla stessa Epa per cercare di fermare le regolamentazioni più avanzate sulle emissioni di gas serra.
Quando si mette Dracula a presiedere l’Avis, e Dracula annuncia subito l’intenzione di togliere alla California la facoltà di imporre limiti più stringenti alle emissioni nocive, come stupirsi poi del via libera – uno dei primi atti firmati da Trump – agli oleodotti Keystone XL and Dakota Access, bloccati dall’amministrazione Obama in nome di sacrosante ragioni ambientali?
Donald Trump del resto non sta facendo altro che pagare le sue cambiali. Gli stakeholder di questo “rinascimento fossile” avevano visto subito nel “palazzinaro” di New York l’ultimo treno per tenerli a galla in un mondo dove è in marcia una rivoluzione energetica destinata a superare l’era del petrolio e del carbone, ora che hanno vinto giocano tutto per prolungare al massimo il monopolio dell’energia che detengono da secoli.
Tornando all’incontro tra Trump e Marchionne, e alla loro idea di tornare a quel bel “mondo antico” dove si costruivano e vendevano automobili in un regime di totale deregulation ambientale, sorgono spontanee due notazioni in ottica italiana.
Beppe Grillo dovrà impegnarsi non poco per giustificare la svolta antistorica e antiambientalista del suo nuovo idolo Trump. E chissà cosa penserà di questa santa alleanza anti-green l’ex-premier italiano Matteo Renzi, che ha sempre magnificato Marchionne come esempio ammirevole di “vision” e modernità.